Un po' di tecnica... Generalmente tendo a scrivere in modo che i nuovi concetti si poggino su altri già presentati negli articoli precedenti, in modo da semplificare la lettura: ma non considerate questi articoli come un corso di fotografia, considerateli più che altro come spunti per farvi venir voglia di leggere un vero libro di tecnica fotografica!
Quando in fotografia si parla di tempi di scatto o di diaframmi, è facile capire di cosa stiamo parlando. Per quanto riguarda i tempi abbiamo tutti in testa il concetto di durata (sappiamo ad esempio che se le tendine dell’otturatore restano aperte per un secondo, la luce che raggiungerà il sensore sarà maggiore rispetto ad una fotografia realizzata con un tempo di 1/250); per quanto riguarda il diaframma è ancora più semplice: più il foro dal quale passa la luce è grande, maggiore sarà la quantità di luce che raggiunge il sensore per unità di tempo. Ma gli ISO? Cosa succede quando aumentiamo o diminuiamo il valore ISO? Perché valori ISO elevati ci permettono di scattare fotografie con poca luce?
Mettere a fuoco in maniera manuale è un gesto che si riduce ad una semplice rotazione di una ghiera dell'obiettivo, senza considerare il fatto che con l’avanzare della tecnologia abbiamo sistemi di messa a fuoco sempre più rapidi, precisi ed in grado di operare in situazioni sempre più difficile. Ha ancora senso di parlare di messa a fuoco manuale? Beh, la risposta, senza ombra di dubbio è: si. La messa a fuoco manuale diventa addirittura indispensabile in un paio di occasioni: andiamo subito ad analizzarle.
Parliamo ora di alcune delle logiche di funzionamento dell’autofocus. Iniziamo dalle due più diffuse, l’autofocus singolo (AF-S) e l’autofocus continuo (AF-C). La differenza tra queste due logiche consiste nelle tempistiche e nelle modalità di intervento degli algoritmi di messa a fuoco. Con l’autofocus singolo, quando premiamo il pulsante di scatto a metà corsa avviamo la messa a fuoco nel punto che abbiamo selezionato, una volta che il punto è a fuoco la procedura si interrompe. Se il soggetto si sposta in avanti o indietro in una zona esterna alla profondità di campo, risulterà sfocato.
Una volta chiarito il concetto di piano di fuoco e il suo rapporto con la profondità di campo, possiamo ora iniziare a parlare di come la macchina fotografica effettua l’operazione di messa a fuoco automatica (autofocus). Partiamo proprio dall'inizio: la scelta di cosa mettere a fuoco. Questa operazione può essere lasciata alla macchina fotografica oppure presa in carico da chi sta scattando la fotografia. Se lasciate decidere alla fotocamera essa agirà scegliendo autonomamente una certa zona del fotogramma che avrà l'onore di essere a fuoco.
L'argomento della messa a fuoco potrebbe sembrare tanto ovvio da non necessitare spiegazioni. Prima di tutto perché spesso è un'operazione che viene fatta in maniera totalmente automatica dalla macchina e poi perchè anche se decidiamo di farla a mano, tutto si riduce a girare una ghiera fino a quando non vediamo qualcosa di nitido... Cosa di può essere di difficile? Mettere a fuoco significa (definizione tagliata con l’accetta) fare in modo che ciò che vogliamo fotografare abbia dei bordi definiti. Fino a qui tutto ok, ma la messa a fuoco è un argomento molto più ampio di così e necessita quindi di un approfondimento.
Abbiamo parlato di composizione, della regola dei terzi e dell’importanza della scelta dei soggetti. E’ arrivato il momento della pubblicità! Niente materassi con le molle o pentole col fondo termico alto 1 cm, voglio davvero suggerirvi un acquisto: un cavalletto. E’ incredibilmente utile per migliorare le capacità compositive e di conseguenza le fotografie. Lo so, dato che probabilmente poco tempo fa avete speso già molti soldi per l’attrezzatura fotografica, non avete voglia di spendere ancora, ma fidatevi, ne vale la pena.
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