tecnica & approfondimenti

L'argomento della messa a fuoco potrebbe sembrare tanto ovvio da non necessitare spiegazioni. Prima di tutto perché spesso è un'operazione che viene fatta in maniera totalmente automatica dalla macchina e poi perchè anche se decidiamo di farla a mano, tutto si riduce a girare una ghiera fino a quando non vediamo qualcosa di nitido... Cosa di può essere di difficile? Mettere a fuoco significa (definizione tagliata con l’accetta) fare in modo che ciò che vogliamo fotografare abbia dei bordi definiti. Fino a qui tutto ok, ma la messa a fuoco è un argomento molto più ampio di così e necessita quindi di un approfondimento.

Anche se per ora forse non significherà nulla per voi, partiamo da un principio basilare che, se non tenuto a mente, può creare molte incomprensioni: il piano di fuoco è sempre e solo uno. Cosa significa questa frase? Cos’è il piano di fuoco?

Iniziamo a ragionare sui termini: piano e fuoco. Abbiamo già un po’ tutti un’idea di “piano” correlato alla fotografia: primo piano, secondo piano ecc… E’ facile sentire questi termini quando si commenta una fotografia. “In primo piano ci sono dei fiori, in secondo piano ci degli alberi” etc etc. E’ quindi facile capire come ci sia una forte relazione tra il concetto di piano e quello di distanze tra i soggetti e la macchina fotografica. Il “piano” è l’insieme dei punti che hanno la stessa distanza dal sensore della macchina fotografica. Ad esempio tutti i punti ad un metro dal sensore formano un piano, tutti i punti a 3 metri ne formano un altro, tutti quelli a 5 metri ne formano un altro ancora. Se mettiamo a fuoco uno dei punti appartenenti ad uno di questi piani (ad esempio un punto a 3 metri dal sensore) tutti i punti che hanno la stessa distanza (che quindi appartengono allo stesso piano), saranno anch’essi a fuoco e quindi quello di cui stiamo parlando non sarà più un piano generico, ma sarà, appunto, il piano di fuoco.

Il piano di fuoco, quindi, è quel piano geometrico che contiene tutti i punti che sono a fuoco in un singolo scatto. In altre parole la fotocamera è in grado di mettere a fuoco solo oggetti ad una distanza ben definita e nient’altro. Una volta messo a fuoco un punto di un piano, tutti gli altri punti appartenenti allo stesso piano saranno a fuoco e quello diventerà il piano di fuoco. Cerchiamo di calare questo concetto teorico nella pratica con un esempio.

Il piano di fuoco, differenza con la profondità di campoSupponiamo di voler fare uno scatto con una piccola profondità di campo. Il fatto di ipotizzare una piccola profondità di campo ci serve per semplificare il discorso dato che è facile mischiare i concetti di piano di fuoco e quello di profondità di campo. Quindi per capire correttamente l’esempio successivo supponiamo di operare con una profondità di campo molto molto piccola (diciamo 10cm). Detto questo, una volta che abbiamo messo a fuoco il soggetto (a un metro e mezzo), tutto ciò che gli sta davanti e dietro sarà sfuocato. A questo punto se il soggetto si muove verso la fotocamera o nella direzione opposta (spostandosi di mezzo metro) ricadrà anch’esso nella zona sfuocata, quindi dovremo ri-effettuare l’operazione di messa a fuoco (detta anche focheggiatura). Questo accade perché, come abbiamo detto, il piano di fuoco è sempre e solo uno: avevamo messo a fuoco il soggetto ad una distanza di un metro e mezzo, il soggetto si è spostato a due metri e quindi non è più a fuoco.

Ma a questo punto potrebbe sorgere una domanda, se il piano di fuoco è sempre e solo uno, come è possibile che ci siano scatti nei quali è tutto nitido dal primo piano fino allo sfondo (ossia sono nitidi punti a distanze diverse dal sensore)? La risposta sta nel concetto di profondità di campo. Se abbiamo messo a fuoco un punto ad una distanza di 10 metri, in base a quanto abbiamo detto, tutti ciò che si trova a 10 metri dal sensore della macchina fotografica sarà a fuoco. Però dobbiamo andare a considerare anche la profondità di campo. Se essa, ad esempio, in base ai parametri che abbiamo impostato è di 5 metri, allora avremo una grande tolleranza, dato che avremo il nostro soggetto avrà uno spazio nel quale muoversi di 5 metri (potrà avvicinarsi o allontanarsi in questo spazio). Facciamo un esempio con qualche numero:

Distanza tra soggetto e fotocamera: 10m

Lunghezza focale: 85mm

Diaframma: f/5.6

Il piano di fuoco con un'ampia profondità di campoIn base a questi parametri la profondità di campo è di 5m. Una volta messo a fuoco il nostro soggetto esso avrà quindi la possibilità di muoversi (rimanendo a fuoco) all’interno di uno spazio di 5 metri, in particolare potrà spostarsi all’indietro di circa 3.10m rispetto alla sua posizione di partenza e di circa 1.90m in avanti (avvicinandosi alla fotocamera). Detto questo, non solo il soggetto avrà la possibilità di muoversi, ma anche qualsiasi oggetto presente in questa zona sarà perfettamente a fuoco. Aumentando la profondità di campo avremo una quantità sempre maggiore di spazio a fuoco, ma spero che ora sia chiaro il fatto che il piano di fuoco è comunque sempre e solo uno.

Alla luce di tutto questo agire sulla ghiera della messa a fuoco del nostro obiettivo (facendolo manualmente o lasciandolo fare alla macchina) significa spostare avanti o indietro il piano di fuoco. Su parecchi obiettivi c'è anche una piccola finestrella che indica un valore espresso in metri che varia al ruotare della ghiera del fuoco: quella è esattamente ciò di cui stiamo parlando ossia la distanza tra la fotocamera e piano di fuoco.

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