tecnica & approfondimenti
Un po' di tecnica... Generalmente tendo a scrivere in modo che i nuovi concetti si poggino su altri già presentati negli articoli precedenti, in modo da semplificare la lettura: ma non considerate questi articoli come un corso di fotografia, considerateli più che altro come spunti per farvi venir voglia di leggere un vero libro di tecnica fotografica!
Abbiamo parlato di diaframmi, ISO e tempi di scatto, modalità automatiche e modalità manuali/semimanuali. Ma vi siete mai chiesti come fa la macchina fotografica a scegliere la terna di parametri per avere un’esposizione corretta? Sulla base di cosa la vostra fotocamera decide che l’esposizione corretta è 1/250s, f/11, ISO 100 invece che, ad esempio, di 1/125, f/4, ISO 400?
La risposta a questa domanda non serve solo a soddisfare una semplice curiosità, ma diventa una delle chiavi per "entrare nella testa" della macchina fotograficha e riuscire a migliorare con consapevolezza i vostri scatti. Tutto ruota intorno ad un poco affascinante, uniforme e noioso grigio chiamato grigio medio o anche grigio 18% (che è quello che vedete nell'immagine di apertura di questo articolo)
Nell’articolo precedente abbiamo analizzato a fondo il significato del valore ISO e in cosa si traduce il cambio di sensibilità. Ma quello che non abbiamo trattato è la relazione tra valori alti di sensibilità e la presenza più o meno marcata del fastidioso rumore digitale. Alla luce di quanto detto nell’articolo precedente potrebbe sembrare che il discorso del rumore sia scollegato dal valore ISO, dato che abbiamo sottolineato più volte come la sensibilità sia solo questione di matematica. Il problema nel rumore, invece, nasce dal fatto che il sensore della fotocamera non deve rispondere solo alle leggi della matematica ma anche a quelle della fisica.
Quando in fotografia si parla di tempi di scatto o di diaframmi, è facile capire di cosa stiamo parlando. Per quanto riguarda i tempi abbiamo tutti in testa il concetto di durata (sappiamo ad esempio che se le tendine dell’otturatore restano aperte per un secondo, la luce che raggiungerà il sensore sarà maggiore rispetto ad una fotografia realizzata con un tempo di 1/250); per quanto riguarda il diaframma è ancora più semplice: più il foro dal quale passa la luce è grande, maggiore sarà la quantità di luce che raggiunge il sensore per unità di tempo. Ma gli ISO? Cosa succede quando aumentiamo o diminuiamo il valore ISO? Perché valori ISO elevati ci permettono di scattare fotografie con poca luce?
Mettere a fuoco in maniera manuale è un gesto che si riduce ad una semplice rotazione di una ghiera dell'obiettivo, senza considerare il fatto che con l’avanzare della tecnologia abbiamo sistemi di messa a fuoco sempre più rapidi, precisi ed in grado di operare in situazioni sempre più difficile. Ha ancora senso di parlare di messa a fuoco manuale? Beh, la risposta, senza ombra di dubbio è: si. La messa a fuoco manuale diventa addirittura indispensabile in un paio di occasioni: andiamo subito ad analizzarle.
Parliamo ora di alcune delle logiche di funzionamento dell’autofocus. Iniziamo dalle due più diffuse, l’autofocus singolo (AF-S) e l’autofocus continuo (AF-C). La differenza tra queste due logiche consiste nelle tempistiche e nelle modalità di intervento degli algoritmi di messa a fuoco. Con l’autofocus singolo, quando premiamo il pulsante di scatto a metà corsa avviamo la messa a fuoco nel punto che abbiamo selezionato, una volta che il punto è a fuoco la procedura si interrompe. Se il soggetto si sposta in avanti o indietro in una zona esterna alla profondità di campo, risulterà sfocato.
Una volta chiarito il concetto di piano di fuoco e il suo rapporto con la profondità di campo, possiamo ora iniziare a parlare di come la macchina fotografica effettua l’operazione di messa a fuoco automatica (autofocus). Partiamo proprio dall'inizio: la scelta di cosa mettere a fuoco. Questa operazione può essere lasciata alla macchina fotografica oppure presa in carico da chi sta scattando la fotografia. Se lasciate decidere alla fotocamera essa agirà scegliendo autonomamente una certa zona del fotogramma che avrà l'onore di essere a fuoco.
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